domenica 25 maggio 2014 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA || ∆
> Wayne Horvitz European Orchestra (Stati Uniti, Italia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Olanda)
Omaggio a Lawrence Douglas “Butch” Morris
Alex Ward clarinetto, chitarra, sax alto; Massimiliano Milesi soprano sax;
Silke Eberhard sax alto, clarinetto, clarinetto basso; Edoardo Marraffa sax tenore, sax alto,
sax soprano; John Dikeman sax baritono, sax tenore, sax soprano; Fabio Morgera tromba;
Luca Calabrese tromba; Gerhard Gschlößl trombone; Sebi Tramontana trombone;
Alexander Hawkins pianoforte; Danilo Gallo basso elettrico; Zeno De Rossi batteria
Wayne Horvitz conduction
musiche di Wayne Horvitz
a cura di Novara Jazz
|| una produzione di Novara Jazz, con la partecipazione di AngelicA
∆ con la partecipazione del Goethe-Institut Mailand
Biglietti 10 €
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
A 10 anni dalla sua presenza a Novara Jazz, il festival rende omaggio con una nuova produzione al grande Butch Morris, musicista, compositore e inventore della tecnica della “conduction”, purtroppo scomparso un anno fa proprio mentre stava progettando delle attività musicali a Novara e una lunga residenza a Bologna per AngelicA. A raccogliere il suo testimone è il collaboratore e amico di una vita Wayne Horvitz, pianista e compositore, egli stesso direttore d’orchestra seguendo le tecniche di Morris elaborate dal punto di vista personale.
La produzione porterà ad una residenza di 12 musicisti per una settimana a Novara e a due concerti di un nuovo Wayne Horvitz European Ensemble, a Novara Jazz e ad AngelicA a Bologna.
L’Ensemble offrirà inoltre l’occasione a Horvitz per avere in futuro un Ensemble che gli consenta di portare le sue idee musicali in giro per i festival del vecchio continente in modo simile a quanto sta facendo da anni con il suo ensemble americano. L’Ensemble sarà formato da musicisti provenienti da Italia, Gran Bretagna, Svizzera, Germania e Olanda, alcuni tra i più interessanti improvvisatori dell’ultima generazione di musicisti europei.
– Corrado Beldì
Il mio unico mentore, Butch Morris (1947-2013)
Ho conosciuto Butch Morris poco dopo essermi trasferito a New York nel 1979. Non ricordo bene come o quando avvenne, ma Butch fu incredibilmente gentile con me, e divenne uno tra i miei migliori amici. Posso dire in tutta onestà che è l’unico essere umano al mondo che considero come il mio mentore. Non per la musica in senso puramente tecnico, ma da un punto di vista sociale: il modo in cui la musica faceva parte della sua vita, come creava comunità, cosa gli stava a cuore, di cosa non gli importava nulla, e così via.
Quando arrivai a New York, in particolare la city e il Lower East Side erano comunità assai diverse da oggi. Il punk rock, l’out jazz, la musica improvvisata e la musica classica contemporanea si incrociavano di continuo, così come lo facevano persone provenienti dai contesti sociali più disparati. C’era anche un discreto livello di integrazione razziale, anche se fino a un certo punto. Se mi ero trasferito a New York, era per merito di Cecil Taylor, dell’Art Ensemble e così via, ma in breve tempo mi innamorai di artisti più simili a me: Elliott Sharp, Bobby Previte, John Zorn, Eugene Chadbourne, e molti, molti altri. Eravamo ragazzi bianchi degli anni Sessanta. È importante ricordare che, come molti di noi, anch’io arrivai alla musica improvvisata tramite i Grateful Dead e i Jefferson Airplane, e solo in un secondo momento scoprii Albert Ayler e Sun Ra. Butch si aprì a me, e a tanti altri, senza mai lasciarsi alle spalle la sua storia e le sue aspirazioni. Non desiderava avere o meno l’approvazione della comunità jazz, e dell’approvazione dell’accademia o del mondo musicale dei quartieri alti non gli importava nulla. Gli piaceva correre dei rischi, sia musicalmente che socialmente. E lo faceva con un tale garbo che, per quanto ne so, raramente attirò su di sé l’ostilità delle persone – un fatto piuttosto raro in una scena dove l’egocentrismo non era certo assente, e in cui le persone erano solite avere opinioni forti, dalla marcata carica emotiva. In molti modi, mi sembra che questo sia un aspetto cruciale di ciò che lo rese più noto: il sistema noto come “conduction”.
Come musicista, ebbi molte occasioni di suonare insieme a Butch, in piccole formazioni e anche in alcuni dei suoi ensemble più grandi. Ho registrato con lui tre dei miei primi cinque dischi, sono spesso andato in tour con il suo trio assieme a J.A. Deane e con il trio Horvitz/Morris/Previte.
Per una serie di ragioni, tra cui il mio trasferimento a Seattle, dopo i primi anni Novanta non ho suonato spesso negli ensemble da lui condotti. Tuttavia, come compositore, ho riflettuto a lungo sul principio alla base delle sue “conductions”, e trovo che rappresenti un traguardo unico e di straordinaria importanza. É stato interessante, e ad essere onesto anche un po’ triste, vedere quanta attenzione sia stata data a Butch e alla sua conduction, dai media e social media dopo la sua morte, considerando quanto sia stata sostanzialmente ignorata quando era in vita. Si potrebbero raccontare molte storie sul suo successo e sull’accoglienza positiva che ottenne, ma personalmente credo che non si possano comparare con ciò che molti altri artisti hanno ottenuto per contributi molto meno significativi all’essenza del cambiamento della musica. Credo che questo sia dovuto principalmente al modo in cui Butch amava vivere, e alle sue priorità.
La musica è buona quando la relazione fisica tra il musicista e il suo strumento è buona. La tecnica e l’espressione nascono da questo. È per questo che, se prendi un violinista classico con un’ottima tecnica, buona competenza della musica moderna ed esperienza in grandi ensemble, e gli fai passare un paio di settimane insieme a Butch, apprenderà a improvvisare con eleganza e fluidità.
Uno dei problemi della musica contemporanea, e soprattutto di quella composta da cima a fondo, è che spesso il compositore crea situazioni in cui i musicisti non sono a proprio agio. E’ una cosa che ha le sue motivazioni, ma diventa presto noiosa. Un compositore crea una nuova opera che fa uso di tecniche estese e di uno stile compositivo innovativo, e spesso il risultato è qualcosa di laborioso, non divertente. E suonare deve essere un piacere, non un lavoro. I musicisti che improvvisano, anche se non sono “improvvisatori”, di solito fanno scelte che, da un punto di vista fisico e della tecnica esecutiva, li fanno rimanere a proprio agio. Il risultato è una musica basata sulla stessa logica fisica che questi musicisti mettono in pratica quando suonano Mozart o Hank Williams.
Al tempo stesso, Butch ha scoperto un linguaggio che crea un’integrità strutturale tristemente assente da molta “musica improvvisata”. Cecil Taylor e molti altri hanno descritto con eloquenza la logica del corpo, il fatto che la logica della nostra relazione fisica con lo strumento si basi su una sorta di intelligenza innata. Butch non voleva perdere di vista questo concetto, ma era anche determinato a non dare mai nulla per scontato in termini di struttura, e per questo sviluppò una metodologia che permetteva alla musica di cambiare in maniera improvvisa e radicale. Sicuramente si potrebbe dire che la sua musica, come quella di Ellington, era strettamente legata alla sua personalità. Le “conduction”, in effetti, esprimevano appieno la sua persona. Non ci sarà più un’altra conduction di Butch, con tutto quello che lui ha apportato alla musica. Detto questo, e credo che Butch ne sarebbe felice, credo sinceramente che il suo sistema sia abbastanza importante da continuare a vivere in molte forme diverse, si trasformerà ed evolverà, e avrà una grande influenza sulla musica del nostro tempo. – Wayne Horvitz, febbraio 2013
Wayne Horvitz Nato nel 1955 a New York, ha esordito nel 1979 con la propria etichetta Theatre For Your Mother, e ha pubblicato numerosissimi lavori come solista e come parte di formazioni come The President, l’Horvitz/Morris/Previte Trio, Pigpen, Zony Mash, The New York Composers’ Orchestra, Ponga, The Four Plus One Ensemble, Sweeter Than the Day e The Gravitas Quartet. E’ stato membro dei Naked City di John Zorn e ha suonato con David Moss, Elliott Sharp, Eugene Chadbourne, Curlew, Michael Shrieve, Kazutoki Umezu, Philip Wilson, Peter Kuhn, Tenko e David Fulton tra gli altri, producendo anche dischi per World Saxophone Quartet, Human Feel, Marty Ehrlich, Fontella Bass, Bill Frisell, Eddie Palmieri e per sua moglie Robin Holcomb.
Come compositore, ha ricevuto commissioni da The Kitchen, Kronos Quartet, Brooklyn Academy of Music, New World Records, The Seattle Chamber Players e Earshot Jazz. Prime di suoi lavori includono la V Series for chamber orchestra e Mountain Language per quartetto d’archi (Vienna 2001 e 2002), Joe Hill, for chamber orchestra and voice (Seattle 2004), Whispers, Hymns and a Murmur per quartetto d’archi e solista (Seattle 2004) e il quartetto d’archi These Hills of Glory. Horvitz ha inoltre composto e prodotto musica per teatro, danza, cinema e televisione, inclusi due progetti con Gus Van Sant e la colonna sonora di Chihuly Over Venice per la PBS.
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