venerdì 12 maggio 2017 – ore 21.30 – Centro di Ricerca Musicale / Teatro San Leonardo – BOLOGNA
> Audrey Chen + Phil Minton (Stati Uniti, Inghilterra) [ ]
Audrey Chen voce; Phil Minton voce
musiche di Audrey Chen, Phil Minton
> Beñat Achiary + Erwan Keravec AMETSA (Francia) prima italiana X
Beñat Achiary voce; Erwan Keravec cornamusa
musiche di Beñat Achiary, Erwan Keravec
[ ] con il patrocinio del British Council
X con il patrocinio di Institut français Italia
Biglietti
10 €
ridotto 7 €
per studenti dell’Università di Bologna e del Conservatorio di Musica “G. B. Martini” di Bologna
ai possessori della Card Musei Metropolitani verrà applicato uno sconto di 2 € sul biglietto intero
La Biglietteria apre 30 minuti prima dell’orario del concerto
Prevendite
ZAMBONI 53
via Zamboni 53/C, Bologna
t 051 1998 0427
www.zamboni53store.com
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AUDREY CHEN & PHIL MINTON
Concentrandosi soprattutto sull’interazione tra i suoni prodotti dalla bocca e le corde vocali, Minton e Chen esplorano le profondità dei loro strumenti fisici più intrinsechi. Le loro improvvisazioni sono impavide, fragili, affamate, appassionate, selvagge, ululanti e animalesche, ma anche, in tutti i loro aspetti, umane. Esprimono, pronunciano e articolano intensamente (a modo loro) le tante sfumature della loro condizione individuale e collaborativa.
“…Le due voci si compenetrano producendo un canto più complesso. È una sola, la voce che si spande. Qui, ciò che la voce produce è proprio quello che il canto non ha esplorato, ciò che ci si è lasciati alle spalle in quanto impuro o non conforme. Qualcosa di simile si può sentire chiaramente nei pezzi vocali di Scelsi. Si notano somiglianze anche con i complessi pezzi vocali (i “logatomes”) prodotti da Léo Kupper verso la metà degli anni Sessanta.
In certi momenti, la musica sembra condurci a un significato più profondo del livello testuale. O si tratta della profondità di un’altra possibile canzone? È in quel momento che la musica ci porta in luoghi che sembrano più vicini al sacro, ancora non raggiunti dalla mediazione, persino leggermente incomprensibili, sebbene soprattutto ambivalenti e destabilizzanti.
Le due voci interagiscono, incitandosi a vicenda costantemente, dando vita a qualcosa di più della semplice somma dei loro suoni, producendo una terza voce – come una sorta di organismo semi-autonomo. È molto difficile spiegare in che modo (e perché) ciò avvenga, è come se qualcosa che è stato sepolto nel profondo riemergesse. Una canzone che rimanda alla “Ursonate” di Schwitters: qualcosa di basico, sebbene proveniente da una base inesplorata. Musica che si dovrebbe ascoltare prima ancora di percepire la seppur minima melodia. Una infra-canzone che comprende di tutto, compreso il comico, il grottesco, l’esacerbazione di uno stato d’animo, e l’estremo dolore che vive nascosto nel profondo di ciascuno di noi. Tutto ciò emerge semplicemente…” — Guy-Marc Hinant (Sub Rosa Editions).
Chen e Minton suonano insieme da più di dieci anni, e si sono esibiti in concerti e tour in Europa, Stati Uniti, Cina, Argentina e Brasile. Il loro album By the Stream è stato pubblicato da Sub Rosa nel 2013.
Audrey Chen
Audrey Chen è una musicista sino-americana nata in un famiglia di scienziati, dottori e ingegneri nei dintorni di Chicago nel 1976. Distaccandosi dalle tradizioni di famiglia, cominciò a dedicarsi al violoncello dall’età di otto anni, e alla voce a 11. Dopo anni di conservatorio e di esercizio su entrambi gli strumenti e una risultante specializzazione in musica antica e contemporanea, ha cercato di trovare una propria strada nell’esplorazione di narrative sia convenzionali che non-lineari. Una componente importante della sua musica è l’improvvisazione con un approccio estremamente viscerale. Il suo modo di suonare esplora le combinazioni e sovrapposizioni tra sintetizzatori analogici autocostruiti e tecniche di produzione del suono sia estese che tradizionali applicate al violoncello e alla voce, nello sforzo di unire questi elementi verso un linguaggio estatico personale. Lungo l’ultimo decennio il suo focus si è mantenuto prevalentemente sulla fusione di queste tre voci strumentali, ma recentemente è tornata all’esplorazione della voce come strumento primario.
Oltre ad esibirsi come solista, le sue collaborazioni con altri artisti comprendono la partnership decennale con Phil Minton, e duetti con la manipolatrice sperimentale di dischi newyorchese Maria Chavez, il chitarrista francese Jean-Yves Evrard, il trombonista norvegese Henrik Munkeby Nørstebø, la musicista elettronica Doron Sadja (nel “duo di rumore romantico” Afterburner), l’improvvisatore esperto in synth modulari Richard Scott, e un progetto assieme all’artista concettuale tedesco John Bock.
Fa inoltre parte del gruppo viennese “All.The.Terms.We.Are” di Maja Osojnik, e del “Revoid Ensemble” di Klas Nevrin basato a Stoccolma. Le sue incisioni più recenti includono un Lp in quartetto con Nate Wooley, C. Spencer Yeh e Todd Carter su Monotype, e i duetti con Phil Minton su Sub Rosa e con Richard Scott su Sound Anatomy.
Phil Minton
Cantante e improvvisatore in grado di passare dalla forma-canzone alle tecniche vocali estese della musica improvvisata nonché trombettista, Phil Minton ha formato il suo primo gruppo nel ‘69 durante una permanenza in Svezia. Tornato a Londra nel ‘71, ha fatto parte dei Solid Gold Cadillac di Mike Westbrook, con il quale continuerà a collaborare assiduamente fino al ‘90, prendendo parte a molte delle sue produzioni più celebri come Mama Chicago, Bright as Fire, The Cortége e Off Abbey Road. Nel 1974 ha iniziato a lavorare con i gruppi di teatro sperimentale Welfare State (di cui faceva parte anche Lol Coxhill) e IOU, nel ‘75 ha formato il quartetto di sperimentazione vocale Voice con Maggie Nicols, Julie Tippetts e Brian Eley, e dal ‘76 lungo gli anni 80 si è esibito in solo, in duetti d’improvvisazione con Fred Frith, Roger Turner e Peter Brötzmann e con il progetto Vario di Günter Christmann, attraversando Europa, Russia, Stati Uniti e Australia in tour. Tra le numerose altre sue collaborazioni degli anni ‘80, di particolare importanza quelle con Konrad Boehmer per l’opera Apocalipsis Cum Figuris, e con Lindsay Cooper e Sally Potter per Oh Moscow. Il lungo sodalizio con Veryan Weston, incontrato nel 1987, ha fruttato esperienze come Songs from a prison diary per coro di 22 voci, vincitore del Cornelius Cardew Composition Prize nel ‘91; Mahkno per otto voci, commissionato dal Taktlos Festival di Zurigo; e Past per duo, commissionato da AngelicA nel ‘94. Negli anni ‘90 ha inoltre formato i quartetti “river run” (con Weston, John Butcher e Roger Turner), e i Roof con Tom Cora, Luc Ex e Michael Vatcher, diventati poi 4Walls con Weston al posto di Cora, dopo la prematura scomparsa di quest’ultimo. Dal ‘93 ha preso parte al progetto Say No More di Bob Ostertag, partecipando ai tour di Say No More in Person e di Verbatim – Flesh and Blood. E’ stato inoltre ospite dei progetti vocali sperimentali di David Moss Vocal Village e Five Men Singing.
Un altro suo importante progetto corale, Feral Choir, comprendente una serie di workshop con composizioni scritte appositamente per i partecipanti, è stato inaugurato nel ‘94 a Stoccolma e Berlino, e da allora ripreso in oltre venti nazioni, tra cui l’Italia per AngelicA nel 2004. Nel 2010 ha interpretato al Palais de Tokyo su invito di Christian Marclay la Manga Scroll di quest’ultimo, consistente in onomatopee tratte da Manga giapponesi riportate su un rullo di carta di oltre 20 metri. Le sue incisioni più recenti sono in compagnia di Okkyung Lee, Audrey Chen, Simon H. Fell e Mats Gustafsson.
Beñat Achiary ed Erwan Keravec hanno suonato assieme per la prima volta nel programma radiofonico francese “Couleurs du Monde”. Era il 2009, a Nanterre, in occasione del festival Musiques Planets, Beñat aveva presentato il suo terzetto ed Erwan era al festival con i Niou Bardophones. Qualche minuto prima dell’inizio della registrazione, Beñat chiese a Françoise Degeorges di suonare qualcosa di improvvisato con Erwan… In seguito Erwan invitò Beñat a registrare con lui Urban Pipes II, pubblicato nell’aprile del 2011. Insieme i due artisti hanno presentato Ametsa per la prima volta nel novembre 2011 al festival NoBorder01 a Le Quartz (Brest, Francia).
Il basco Beñat Achiary esplora un territorio che attraversa la tradizione orale secolare quanto le strade più aperte dell’improvvisazione. Il suo è un canto libero che ricorda allo stesso tempo le musiche degli indiani Navajo e i sussulti tumultuosi del free jazz, il sole nero del flamenco quanto le canzoni tradizionali basche. Un respiro che risuona degli accenti di grandi poeti come García Lorca e René Char e che rivisita i gesti dei sollevatori di pietre o dei suonatori di Txalaparta, lo strumento a percussione composto da tavole di legno tipico dei Paesi Baschi. Beñat Achiary è infatti, oltre che un grande cantante, anche un percussionista. Accanto ai ritmi del mondo e della sua geologia, del ruscello e del vento, il suo canto esprime anche sentimenti umani, prende il volo in maniera oscura o gioiosa. Il suo approccio musicale è spirituale e poetico, le parole e il respiro si librano oltre le montagne.
Un afflato verso una fratellanza utopica è anche quello che caratterizza Erwan Keravec, musicista dalla carriera eclettica che ha cominciato con gruppi di bagadoù, creato i Niou Bardophones, suonato per il coreografo Boris Charmatz ed eseguito compositori contemporanei come Cavanna, Leroux, Yoshida o Rossé. Il suo obiettivo è dimostrarci che “la cornamusa è uno strumento universale. Vale a dire, immaginare una musica per cornamusa solista che non faccia riferimenti al suo background culturale. E specialmente, immaginare una musica che non è solo musica, che non ha altra funzione che di essere ascoltata.”
Nato molto più a nord nel territorio francese, e molto più giovane di Beñat, Erwan Keravec inizia a esibirsi insieme al fratello Guénolé alla bombarda alle feste danzanti bretoni del “Fest-Noz”. È proprio ascoltando il disco di Achiary “Lili Purprea”, pubblicato nel 1991, che capisce (come lui stesso racconta) che “l’impegno verso la musica improvvisata, immaginata, deve essere totale e senza freni”.
Pertanto, nei loro duetti, Erwan e Beñat non suonano secondo uno spartito o un repertorio, nulla è prestabilito. Poco prima di salire sul palco ancora non sanno cosa suoneranno… ma non si vietano nulla. Potrebbe trattarsi di musica tradizionale, ma forse anche di poesia. Beñat Achiary porta sempre con sé alcuni libri, anche se nei loro concerti precedenti assieme non li ha mai aperti.
Dal punto di vista scenico, è tutto molto semplice. Sul palco, Beñat con i suoi libri sul pavimento, Erwan con la cornamusa e una piccola tromba, che suona con un’ancia per cornamusa al posto del bocchino. In programma forse solo l’incredibile contrasto tra l’apparente semplicità e la complessità dei suoni. Fate dolci sogni.”
(dai programmi di festival NoBorder e del Theatre de La Ville, 2011-12)
Beñat Achiary
E’ nato nella campagna Basca francese nel 1947. I Baschi cantano come respirano, da soli o in gruppi, in famiglia o al lavoro. Per Beñat è la terra dov’è nato ad essere stata la sua insegnante, e la musica viene da qualsiasi fonte. Il suono del vento tra le foglie, degli insetti, o quello del linguaggio, la lingua Basca o quella dei poeti di tutto il mondo. Per questo quando improvvisa ha sempre ai suoi piedi dei libri di Michaux, Garcia Lorca, Pessoa o Gherasim Luca: non per consultarli ma per sentirne il respiro. Ha studiato inizialmente la musica tradizionale della sua regione, la polifonia, le canzoni accompagnate dalla xirula (un flauto a tre fori), il suono ritmico del Ttun-ttun (un tipo di salterio) o della Txalaparta; ma ha anche scoperto più avanti Charles Mingus, Eric Dolphy, Jimi Hendrix, Cathy Berberian, Monteverdi, i canti pansori o dei Navajo. Dalla fine degli anni 80 ha iniziato a incidere e a esibirsi in solo o in collaborazioni con musicisti di diverse estrazioni come Lê Quan Ninh, David Holmes, Ulrich Gumpert, Michel Doneda, Dominic Répécaud, Lol Coxhill, Steve Beresford, il Quatuor Cassini, Pedro Soler, Joëlle Léandre, Gianni Lenoci, Ramón López, il compositore elettroacustico Jean Schwarz, il coro Basco-Ispanico Ama Lur e moltissimi altri.
E’ organizzatore del festival “Errobiko Festibala” che si tiene nel paesaggio rurale di Nive Itxassou, vicino a Bayonne.
Erwan Keravec
E’ un suonatore di cornamusa di tradizione Bretone. Fa le prime esperienze con il fratello Guénolé alle feste danzanti notturne del Fest Noz. Nel 1996 si unisce al gruppo bagad Ronsed Mor. Con loro si trovò a incidere assieme a La Marmite Infernal, la big band del collettivo jazz ARFI di stanza a Lione, e fu questa collaborazione a far nascere l’interesse di Erwan per la pratica improvvisativa. In quest’ambito ha formato duetti con Jean-Luc Cappozzo (Air Brut), Beñat Achiary (Ametsa) e Mats Gustafsson (Luft) e improvvisa con danzatori come Boris Charmatz, Emmanuelle Huynh e Daniel Linehan.
Come compositore ha inaugurato il proprio Urban Pipes project nel 2007, con un cd di brani in solo seguito da un secondo volume comprendente anche duetti con Achiary e il fratello Guénolé.
Nella musica contemporanea, per il suo progetto Nu Piping ha commissionato otto brani in solo a compositori come Susumu Yoshida, Sébastien Béranger, Xavier Garcia, François Sahran, Benjamin de la Fuente e François Rossé; Vox – Nu Piping # 2 è un trio con la soprano Donatienne Michel-Dansac e il baritono Vincent Bouchot; Sonneurs, il terzo capitolo del progetto (pubblicato nel 2017 da Buda Musique), mette assieme in un inedito quartetto quattro strumenti della tradizione bretone: cornamusa, biniou, bombarda e trelombarde, che eseguono composizioni appositamente commissionate a Wolfgang Mitterer, Susumu Yoshida, Samuel Sighicelli e dello stesso Keravec.
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